Poche terre, come la valle del sacco, hanno subito un attacco della modernità che ha lasciato cicatrici profonde e ferite ancora aperte. Con questo lavoro si è voluto gettare uno sguardo su una realtà in bilico tra un passato che faticosamente ancora sopravvive ed un futuro che ha bruciato tutte le sue promesse.
Uno sguardo impietoso, ma bello, che attraverso l'obiettivo fotografico redime il “brutto” lo nobilita come elemento estetico, lo isola da un contesto dove natura e arroganza industriale convivono dolorosamente.
C'è dolcezza in questo racconto che sfiora volti e mani, animali ed alberi, come testimoni di un passato a cui la crisi economica degli ultimi anni ha donato un nuovo futuro.
E la natura sembra riprendersi ciò che l'uomo pensava avergli sottratto definitivamente, ricordandogli, ricordandoci, che noi uomini non siamo altro da essa, che l'equilibrio instabile dell'armonia del vivere non può prescindere da lei.
Questo racconto vuole andare oltre l'ennesima testimonianza dell'inquinamento, oltre la fredda documentazione di luoghi e cose, vuole arrivare al cuore attraverso la speranza di un futuro diverso, ancora tutto nelle mani nodose di chi ha vissuto come un soffio questi nostri anni.
Il tema è stato svolto in maniera collettiva da un gruppo di soci dell'Associazione Fotografica Frosinone col coordinamento del fotografo Stefano Mirabella che ne ha curato l'impaginazione e l'uniformità di linguaggio.